lunedì 19 agosto 2013

Il proprietario illuminato


 

Il proprietario illuminato

 di Jin Kai Bo ( Xiangtan 1893 - Yiyang 1960 ) scritta nel 1934


Nell'undicesimo anno dell’imperatore Zhu Di della dinastia Ming[1], perì per malattia Han Sui, onesto e retto lavoratore, di cui, alla notizia, si pianse fino alla distanza di mille li[2]. Han Sui lavorava per il signor Liu, che al fine di onorare il suo lavoratore offrì alla vedova di accettare come bracciante il giovane figlio primogenito, di nome Cao, nei propri campi nella vicina valle di Yuandu. Liu propose al giovane una moneta d’argento alla settimana per il suo lavoro, che lo stesso promise di portare in dono alla madre, per aiutarla a crescere i fratelli più piccoli.
Il giovane Cao lavorava alacremente e con giudizio ed il signor Liu era soddisfatto. Dopo tre mesi si recò dal signor Liu, la madre del giovane, che, con ossequio e delicatezza, chiese se Cao percepisse il suo corrispettivo, perché ancora non si era presentato da lei a portarle l’aiuto sperato.
Benché Liu fosse certo di non avere debiti nei confronti di Cao, ipotizzò con la madre un qualche errore del suo tesoriere nel dispensare i compensi, e seduta stante, pagò alla madre del giovane l’intero corrispettivo dei tre mesi trascorsi, infine, da uomo savio, si scusò con la vedova di Han Sui per il probabile errore.
Liu però certo della sua posizione, decise di indagare sulla condotta del giovane Cao, per fare luce sull’accaduto; ben presto scoprì che il compenso del ragazzo, veniva dallo stesso sperperato nella casa da gioco del paese, sui tavoli di Dou Di Zhu[3]; il caso volle che il proprietario della casa da gioco fosse il signor Sun, un amico di vecchia data del signor Liu.
Il giorno seguente Liu fece chiamare Cao – Cao figlio mio, ho una proposta per te. So che sei molto bravo nel gioco del Dou Di Zhu, ed anche a me piace molto. – Cao abbassò il capo ed arrossì ma non rispose. – Giacché anche il signor Sun, che so bene che conosci, adora questo gioco, vorrei fare nei suoi confronti un veloce guadagno - proseguì Liu - Ecco la proposta: Recati da Sun dicendogli che io vorrei giocare a Dou Di Zhu, ma, non essendo molto bravo, vorrei che la partita si svolgesse presso la mia dimora al fine di non sfigurare. Offrigli un accordo per farmi perdere, così da potervi spartire la posta, e annunciagli che la stessa sarà di 40 argenti a testa. – concluse Liu – Chiaramente, saremo noi in accordo contro di lui, e vinceremo noi i suoi 40 argenti! – Gli occhi di Cao si illuminarono davanti alla possibilità di un veloce guadagno … – Quindi accetti il piano? – Incalzò Liu. Rispose Cao – Lo farei subito ma non ho i 40 argenti della posta – Liu disse allora – Non preoccuparti te li presterò io, e me li restituirai un argento a settimana, con il tuo compenso che ti tratterrò per un anno! – Cao rifletté e facendo un rapido conto ribatté – Ma in un anno gli argenti che pagherò saranno più di 50! – Liu riprese – Sì ma con i 40 che ci spartiremo del signor Sun, diventeranno 60 quelli che avrai! Quindi guarda che guadagno e pensa che lo otterrai subito! – Cao si fece trascinare dai numeri e dai guadagni ed accettò.
Alla data fissata, a casa del signor Liu, lo stesso e Sun, giacché in accordo, vinsero facilmente i 40 argenti del giovane Cao, che si ritrovò senza un argento e obbligato a lavorare per un anno senza compenso e senza poter tornare alla propria casa per la vergogna di quanto aveva fatto.
Il signor Liu ogni settimana per un anno mandò il proprio tesoriere dalla madre di Cao a consegnarle l’argento, compenso del lavoro del figlio. Al termine di tale anno, Liu invitò madre e figlio a cena presso la sua dimora, ed in tale occasione spiegò loro quanto aveva fatto e favorì la riconciliazione tra i due. Cao non giocò per il resto della sua vita a Dou Di Zhu, ed il signor Liu ancora oggi è ricordato per la sua magnanimità e saggezza.


[1] Zhu Di regnò dal 1402 al 1424 d.C.
[2] Li unità di misura pari a circa 500 metri
[3] Dou Di Zhu anche detto bridge cinese, si gioca in 3 persone con 54 carte

lunedì 12 agosto 2013

Basta Fax nella Pubblica Amministrazione

Un emendamento ad abundantiam al decreto del "Fare",  "o forse 'ad absurdantiam' ??"  


ANSA del 3 Agosto sul passaggio dell'emendamento al Senato sul decreto del "Fare" che sottolinea l'esclusione dell'uso del fax nella PA
 

Andando a vedere di che tratta l'emendamento troviamo :
Dopo l’articolo 16 è inserito il seguente:
dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
«1- bis. All’articolo 47, comma 2, lettera c) , del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dopo le parole: “di cui all’articolo 71” sono inserite le seguenti: “.È in ogni caso esclusa la trasmissione di documenti a mezzo fax”

Vediamo a questo punto all'art.16 del decreto del "Fare"

Art. 16 (Razionalizzazione dei CED Centri elaborazione dati-Modifiche al
decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179)

 1. All'articolo 33-septies del decreto-legge 18  ottobre  2012,  n.
179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012,  n.
221, dopo il comma 4 e' inserito il seguente:
  "4-bis. Nell'ambito del piano triennale di  cui  al  comma  4  sono
individuati i livelli minimi dei requisiti di sicurezza, di capacita'
elaborativa e di risparmio energetico dei CED, nonche'  le  modalita'
di consolidamento  e  razionalizzazione,  ricorrendo  ove  necessario
all'utilizzo dei CED di imprese  pubbliche  e  private  nel  rispetto
della legislazione vigente in materia di contratti pubblici.".


( Razionalizzazione dei CED ... ?!? )
e con un giro di valzer eccoci all'art.47 del CAD (Codice dell'amministrazione digitale  - Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) ivi riportato integralmente :

Articolo 47.

Trasmissione dei documenti attraverso la posta elettronica tra le pubbliche amministrazioni.

1. Le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono mediante l'utilizzo della posta elettronica o in cooperazione applicativa; esse sono valide ai fini del procedimento amministrativo una volta che ne sia verificata la provenienza .

1-bis. L'inosservanza della disposizione di cui al comma 1, ferma restando l'eventuale responsabilità per danno erariale, comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare.(243)

2. Ai fini della verifica della provenienza le comunicazioni sono valide se:

a) sono sottoscritte con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata;

b) ovvero sono dotate di segnatura di protocollo di cui all'articolo 55 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;

c) ovvero è comunque possibile accertarne altrimenti la provenienza, secondo quanto previsto dalla normativa vigente o dalle regole tecniche di cui all' articolo 71;

d) ovvero trasmesse attraverso sistemi di posta elettronica certificata di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n.68.

 
Come si può ben vedere l'articolo del CAD (del 2005!) asserisce che le comunicazioni tra PA avvengano via posta elettronica o cooperazione applicativa, quindi di fatto sottolineare che in ogni caso è escluso l'uso del fax al comma 2) ritengo non aggiunga nulla. La stima dei costi che troviamo nell' articolo del Messaggero che individua in 6 Miliardi di € il risparmio, introdotto dall'addio al mezzo di trasmissione fax, ( e ripresa anche in un 'bel' servizio agostano sulla notizia del Tg1) fa intuire quanto potrebbe essere stato il danno erariale citato nel comma 1-bis in questi anni.

Speriamo che questo emendamento (per 'absurdum' che sia) abbia lo scopo di accellerare il faticoso processo di dematerializzazione che la nostra PA sta attraversando e che io credo (emendamenti 'agostani' o meno) con gli strumenti giusti oggi potrebbe veramente riuscire a fare.